Catarinella e il fungo magico
Catarinella stava raggomitolata in un angolino, tutta tremante. Con una manata l’uomo buttò all’aria il letto, prese la bambina, la infilò in un sacco, scese le scale e in fretta scomparve nel bosco, da dove era venuto. Tutto si svolse molto rapidamente e la casa, inerme testimone del dramma, sembrava soffrirne; in pochi attimi tutto finì ed uno strano silenzio calò inesorabile sul luogo. Quando Catarinella fu liberata dal sacco si ritrovò in una stanza stretta e scura: una minuscola finestra lasciava filtrare dall’esterno una flebile luce che illuminava abbastanza da far capire quanto sporco ci fosse là dentro. La bambina non credeva ancora ai suoi occhi: forse era tutto un brutto sogno; chissà, forse domani si sarebbe svegliata nel suo lettino come tutti i giorni. Purtroppo per Catarinella, però, il suo fu un brutto e brusco risveglio: Barbabarbòn la stava chiamando dalla stanza accanto con il suo vocione rauco e profondo e le intimava di fare in fretta. La bambina, tremante e impaurita, avanzò tentennando nella stanza: l’uomo stava immerso nella penombra seduto su uno scranno e batteva i pugni su un tavolo fatto di rozze assi: “Presto, preparami qualcosa da mangiare: ho fame!” gridava Barbabarbòn. Catarinella cercò di orientarsi in mezzo a quel disordine e riuscì con difficoltà ad accontentare le pretese dell’omone, che incalzando disse: “Adesso devi dare una pulita qua dentro: quando torno, voglio trovare tutto in ordine, altrimenti…guai a te!”. Barbabarbòn andò via e chiuse la porta a chiave; il pensiero immediato della bambina fu quello di fuggire, ma una rapida occhiata alle finestre raggelò la vana speranza: robuste e strette sbarre di ferro bloccavano ogni tentativo di fuga. Nella stanza regnava il disordine e lo sporco: sul pavimento c’erano tegami, stracci, resti di cibo, arnesi e altro ancora, dicasi lo stesso per il tavolo ed il resto dei mobili; se non lo avesse visto con i propri occhi, non avrebbe creduto che qualcuno potesse vivere là dentro. Catarinella passò tutta la giornata a strofinare, lavare e mettere in ordine; le sembrava di assumere sempre più l’aspetto di una di quelle cose buttate a terra. Lavorò così tanto da perdere totalmente la cognizione del tempo, ma ad un tratto lo scrocco secco della serratura la ridestò in un baleno: Barbabarbòn era tornato. Catarinella si rannicchiò in un angolo della stanza, con il cuore che batteva fortissimo, e con lo sguardo abbassato cercava di spiare i pesanti movimenti dell’omone, terrorizzata al solo pensiero di una sua possibile reazione furibonda. Barbabarbòn si mosse per tutta la stanza scrutando attentamente in ogni angolo; solamente sbuffi e rauchi mugugni, che assomigliavano a grugniti, uscivano da quel cespuglio di pelo. La bambina, in cuor suo, sperava vivamente di non aver dimenticato o sbagliato nulla che potesse farlo arrabbiare, ma ad un tratto un forte pugno battuto sul tavolo la fece sussultare dallo spavento: “Sbrigati, piccola scansafatiche: prepara la cena!” le ordinò perentorio l’uomo, buttandole sul tavolo della cacciagione. Subito Catarinella si mise al lavoro e cercò di soddisfare le pretese di Barbabarbòn: preparò un arrosto, che probabilmente fu gradito all’uomo, visto che non disse nulla per tutta la cena! Appena ebbe finito di mangiare, Barbabarbòn si alzò dalla sedia, buttò a terra gli avanzi dell’arrosto e, pulendosi le mani unte sui vestiti, disse alla bambina: “Tieni…mangia e poi fila nella tua stanza!”. Dopo aver terminato quel misero pasto, la poverina se ne andò nella sua angusta stanzetta e, mentre tirava il primo sospiro di sollievo di tutta la giornata, notò un morbido fascio di luce bianca che filtrava dalla finestrella: fuori doveva esserci la luna. Sdraiata su un giaciglio di paglia, con una certa sensazione di sollievo e di dolce evasione, la bambina sentiva il pensiero fuggire al suo comodo lettino con le lenzuola profumate di buono…quanto le mancavano mamma e papà! Avrebbe voluto tornare sui suoi passi: “Perché non aveva ascoltato la mamma quel giorno?” continuava a ripetersi in ogni momento. Una dopo l’altra, le giornate trascorrevano tra duri lavori di casa e strigliate di Barbabarbòn: solo alla sera Catarinella poteva godersi il suo momento di riposo e poteva così raccogliere le forze. Le era tanto d’aiuto quella finestrella che dava sul mondo esterno: da lì provenivano quei profumi e quei suoni che il bosco rilasciava nell’aria e, se socchiudeva gli occhi, poteva allora volare lontano
Walter Moreno Ambrosi - Creazioni Artistiche - www.morenoambrosi.it - morenoambrosi@tin.it