Catarinella e il fungo magico
Circondato dalle montagne, tra boschi e prati, esisteva un piccolo e antico villaggio: le case, costruite in legno e pietra, erano distribuite lungo stretti viottoli di terra battuta, i balconi e le finestre delle abitazioni erano contornati di fiori e la gente del posto circolava senza eccessiva frenesia.Tutto era immerso in una atmosfera serena e tranquilla; tuttavia questo paesaggio così idilliaco era turbato da qualcosa, o meglio da qualcuno… In fondo al viottolo che portava direttamente al limitare del bosco c’era una casa, all’apparenza uguale a tutte le altre, ma in realtà molto particolare: vi abitava Catarinella, una bambina vispa e vivace conosciuta da tutti, il cui divertimento preferito erano scherzi e capricci che facevano diventare matti quanti le capitassero a tiro. La mamma cercava in tutti i modi di farle capire che non avrebbe dovuto comportarsi così, ma la bambina non voleva proprio saperne. Una vera piccola peste e guai a darle degli ordini o a farle dei rimproveri: questo non faceva che infastidirla e peggiorare la situazione. Il solo pronunciare il suo nome suscitava una certa inquietudine e si aveva l’impressione che avesse la capacità di attirare le sventure; i suoi compagni di scuola cercavano di non incontrarla da soli: con lei la prudenza non era mai troppa! Un pomeriggio, tanto per raccontare una delle sue innumerevoli bricconate, Catarinella aveva incontrato Marietto, un bambino goffo e un po’ ciccione, e gli aveva fatto credere che esistesse un albero magico dalle particolari capacità dolciarie. Marietto non aveva saputo resistere alla sua golosa curiosità ed aveva seguito la bambina fino a giungere ad un campo. In fondo, vicino ad un muro, c’era un vecchio albero con una grossa cavità al suo interno: “Basta che infili la mano e potrai avere tutti i dolci che vuoi: è un albero magico, è l’albero dei dolci infiniti” aveva detto Catarinella a Marietto. Il bambino non se l’era fatto ripetere due volte ed aveva infilato la mano nella cavità dell’albero, ma subito l’aveva ritratta lanciando un grande urlo di dolore: il piccolo paffuto doveva essere stato morso da qualche animale ed il suo dito aveva iniziato paurosamente a gonfiarsi. Poco dopo, un piccolo furetto che stava nascosto all’interno del tronco era scivolato fuori in tutta fretta, e, infastidito dall’intrusione, si era allontanato dal luogo. Immaginate Catarinella finita a terra dalle risate, mentre il povero malcapitato correva via piangendo di dolore; ebbene sì!, la bambina sapeva della presenza dell’animaletto nel tronco: lo aveva infatti notato poco prima di incontrare Marietto e subito le era nata quella malsana idea. Nemmeno con i suoi familiari Catarinella era un angioletto, tanto che una sera la mamma, dopo l’ennesimo suo capriccio, le disse che, se non fosse diventata obbediente, sarebbe arrivato “Barbabarbòn”, un brutto omone che viveva nel bosco, e l’avrebbe portata via per sempre. La bambina, ahimè, non prese seriamente questo ammonimento e continuò imperterrita a comportarsi come sempre.Un giorno la mamma le chiese di andare a prendere del pane dal fornaio, ma, al rifiuto della bambina, la povera donna si vide costretta ad arrangiarsi da sé.Pochi istanti dopo l’uscita della madre, Catarinella, rimasta a casa da sola, sentì bussare alla porta e aprì immediatamente l’ uscio, senza prima chiedere “Chi è?”; ancora una volta aveva disubbidito al papà, che le aveva ripetuto ormai centinaia di volte di chiedere sempre chi ci fosse alla porta e di non aprire mai agli sconosciuti.Con una barba foltissima che gli copriva quasi tutto il volto e che lasciava intravedere a mala pena gli occhi neri come la pece, un grosso e brutto omone vestito di stracci si presentò sull’uscio di casa : era Barbabarbòn. Alla sua vista Catarinella, terrorizzata, cominciò a scappare per tutta la stanza cercando infine rifugio nella sua cameretta al piano di sopra; si infilò sotto il letto e, tutta tremante, rimase in attesa. “Catarinella, dove sei? Sto arrivando: adesso ti trovo e ti porto via con me!” ripeteva con il suo vocione minaccioso Barbabarbòn infuriato, mentre con pesanti passi si avvicinava sempre più al nascondiglio della piccola. La bambina cercava di farsi sempre più piccina, rannicchiandosi quasi a voler scomparire nelle fessure più strette per non farsi trovare, mentre il sinistro scricchiolio della scala sotto l’enorme peso dell’omone la faceva fremere ulteriormente di paura. Un forte rumore di sconquasso e la porta della cameretta fu spalancata con rabbia; Barbabarbòn entrò e scrutò subito sotto il letto, dove
Walter Moreno Ambrosi - Creazioni Artistiche - www.morenoambrosi.it - morenoambrosi@tin.it